Leonce e Lena

di Georg Büchner
regia e traduzione Cesare Lievi
con (dramatis personae)
RE PIETRO del regno di Popo: Gianluigi Pizzetti
PRINCIPE LEONCE, suo figlio: Lorenzo Gleijeses
PRINCIPESSA LENA del regno di Pipi / ROSETTA: Maria Alberta Navello VALERIO: Paolo Garghentino
LA GOVERNANTE: Marcella Favilla
IL PRECETTORE / IL CERIMONIERE / CAMERIERE: Matteo Romoli
IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DI STATO: Andrea Romero
IL PREDICATORE DI CORTE / IL MAESTRO / CAMERIERE: Riccardo Forte
PRIMO CAMERIERE: Riccardo De Leo
SECONDO CAMERIERE: Vincenzo Paterna

scene e costumi Marina Luxardo
musiche Germano Mazzocchetti
luci Cesare Agoni
assistente alla regia Cristiano Azzolin
assistente costumista Monica Di Pasqua
direttore di scena Vincenzo Caruso
attrezzista Alessia Stivala
produzione FONDAZIONE TEATRO PIEMONTE EUROPA

Torino – 3 gennaio 2017 – È una favola sull’amore, un testo romantico che unisce l’ironia ad una sarcastica riflessione sul mondo, il Leonce e Lena di Georg Büchner tradotto e diretto in prima nazionale da Cesare Lievi per Stagione TPE. In scena dal 13 al 22 gennaio al Teatro Astra di Torino (ore 21, mercoledì e sabato ore 19, domenica ore 18) e prodotto dalla stessa TPE, questo nuovo riallestimento dell’aristocratica commedia ottocentesca è affidato in scena ad una folta compagnia di attori, ormai stabile in casa TPE: Lorenzo Gleijeses è Leonce, in un nuovo confronto con l’opera di Büchner dopo il successo del Woyzeck firmato Emiliano Bronzino; Maria Alberta Navello è Lena, già diretta da Lievi in Ifigenia in Tauride, Barbablù, e ne Il Principe di Homburg, in quest’ultima produzione accanto allo stesso Gleijeses. Insieme a loro Gianluigi Pizzetti, Paolo Garghentino, Marcella Favilla, Matteo Romoli, Andrea Romero, Riccardo Forte, Riccardo De Leo e Vincenzo Paterna raccontano di disuguaglianze sociali, disillusione e dell’utilità del vivere, temi centrali in questa favola onirica e visionaria. Le scene e i costumi sono realizzati da Marina Luxardo, le musiche composte da Germano Mazzocchetti ed eseguite dal vivo da Mimmo Mirabelli e Simone Campa, le luci sono di Cesare Agoni.

RASSEGNA STAMPA

“…Lievi ha confezionato uno spettacolo lustro e svelto che fila liscio come un olio. Ai suoi ordini ha una ben consolidata compagnia d’attori che dimostra di seguire magnificamente il disegno della regia. A cominciare da Lorenzo Gleijeses, che conquista la serata. Con ammirevole leggerezza, Gleijeses restituisce tutte le facce e le ombreggiature morali, umorali e sentimentali di Leonce, è malinconico, è sarcastico, è distruttivo, è atletico, è affilato come una falce di luna….”
Osvaldo Guerrieri – La Stampa

www.lastampa.it


Intervista a Cesare Lievi:
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Scrive Cesare Lievi: Una commedia. Uno staterello ancora in stile rococò. Uno dei tanti in cui la Germania del primo Ottocento è divisa. Un re che s’interroga sulla sostanza del sé e del proprio compito (regnare), senza venire a capo di nulla. Un primo ministro ignorante e impreciso. Un maestro che non insegna, ascolta sbadato e s’inchina. Una donna che non riesce ad essere amata: i suoi baci si trasformano in sbadigli sulla bocca dell’amato. Un popolo agghindato a festa che non riesce a nascondere la propria miseria. E il figlio del re: Leonce. E un suo servitore: Valerio. La ragione di stato, cui tutti devono sottomettersi, vuole che Leonce sposi la principessa Lena del Regno di Pipi. Leonce non vuole. La sua visione del mondo non glielo permette. E allora fugge. Nella fuga s’innamora di una ragazza e decide di tornare a corte con lei e di sposarla. Al momento delle nozze si scopre che la ragazza è Lena, fuggita per non sottostare anch’essa alla ragione di stato. Lieto fine. Ma è veramente così? Davvero l’amore trionfa? O non è il contrario? Il mondo banale, noioso e insensato da cui tentavano di scappare li risucchia e fagocita. Dai suoi confini nessuno riesce a uscire. Nessuno ne ha la forza. Adeguarsi è la soluzione. O sognare. Ma cosa? Semplice, dice Valerio alla fine, “che Dio ci conceda maccheroni, meloni e fichi, e ugole musicali, corpi classici e una comoda religione!”.